Aldo, Ampelio, Gino e Pilade, i quattro pensionati-detective di Pineta affondano in questa nuova avventura fra un pettegolezzo, una bevuta e quattro risate, rompendo la monotonia della placida vita di provincia con arguzia e ironia. E dimostrando alla fine che la scienza serve, anche tra i tavolini di un bar.
«Non è che tutti gli anni possono ammazzare qualcuno per farvi passare il tempo», sbotta disperato Massimo il barrista. Ma è impossibile sottrarsi al nuovo intrigo in cui stanno per trascinarlo i quattro vecchietti del BarLume: nonno Ampelio, il Rimediotti, il Del Tacca del Comune, Aldo il ristoratore. Dalla vendita sottoprezzo di una villa lussuosa, i pensionati, investigatori per amor di maldicenza, sono arrivati a dedurre l’omicidio del vecchio proprietario, morto, ufficialmente, di un male rapido e inesorabile. Massimo il barrista, ormai in balìa dei vecchietti che stanno abbarbicati tutto il giorno al tavolino sotto l’olmo del suo bar nel paese immaginario e tipico di Pineta, al solito controvoglia trasforma quel fiume di malignità e di battute in una indagine. Il suo lavoro d’intelletto investigativo si risolve grazie a un’intuizione che permette di ristrutturare le informazioni, durante un noioso ricovero ospedaliero: proprio come avviene nei classici del giallo deduttivo. E a questo genere apparterrebbero, data la meccanica dell’intreccio, i romanzi del BarLume, se non fosse per le convincenti innovazioni che vi aggiunge Marco Malvaldi. La situazione comica dei quattro temibili vecchietti che sprecano allegramente le giornate tra battute diatribe e calunnie, le quali fanno da base informativa e controcanto farsesco al mistero. La feroce satira che scioglie nell’acido ogni perbenismo ideologico. La rappresentazione, umoristica e aderente insieme, della realtà della provincia italiana nel suo localismo, nel suo vitalismo e nel suo eccentrico civismo, incarnata in un paesino balneare della costa toscana, da dove passano e ripassano i personaggi di una commedia di costume in forma di giallo.
Tre cose solamente m’ènno in grado
Tre cose solamente m’ènno in grado,
le quali posso non ben ben fornire,
cioè la donna, la taverna e ‘l dado:
queste mi fanno ‘l cuor lieto sentire.
Ma sì mme le convene usar di rado,
ché la mie borsa mi mett’ al mentire;
e quando mi sovien, tutto mi sbrado,
ch’i’ perdo per moneta ‘l mie disire.
E dico: ” Dato li sia d’una lancia! “,
ciò a mi’ padre, che mmi tien sì magro,
che tornare’ senza logro di Francia.
Ché fora a torli un dinar più agro,
la man di Pasqua che ssi dà la mancia,
che far pigliar la gru ad un bozzagro.
Quando ero giovane,
avevo ali forti e instancabili,
ma non conoscevo le montagne.
Quando fui vecchio,
conobbi le montagne,
ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione.
Il genio è saggezza e gioventù.
2 Commenti
Alfredo Gallo da Palermo
10-04-2017 18:50Anonimo
12-04-2017 13:58Lascia un commento